La grande forza spirituale e culturale dell’Islam
riposa proprio nella mancanza di separazione tra la sfera spirituale
e quella fisica all’interno della vita umana. L’Islam ci insegna,
infatti, che solo una vita equilibrate che sappia tenere conto dei
bisogni di entrambi può soddisfare la natura umana, che è
formata proprio da queste due componenti. Se, infatti, si realizza la
mancanza di equilibrio tra il lato spirituale e quello materiale
dell’uomo, tutta la persona soffrirà di un grande
squilibrio, causa di inevitabile sofferenza. Sia il lato spirituale
che quello materiale della vita umana debbono cooperare in vista
dello sviluppo dell’uomo inteso come una totalità. Allo
stesso modo, l’Islam c’insegna che nell’ambito più ampio
della vita sociale è necessario che queste due componenti
siano entrambe curate con la medesima attenzione. L’estrema povertà
infatti, così come la mancanza di libertà e l’utilizzo
della violenza per esercitare il controllo sulle masse, sono tutti
fattori che conducono al deterioramento sia della componente
materiale che di quella spirituale dell’uomo e, in ultimo, possono
anche essere responsabili della perdita della fede. Una condizione di
estrema povertà o di estrema oppressione non permettono
all’uomo di esercitare la propria libertà nella
realizzazione dei comandamenti divini, che incombono su di lui. Se si
toglie all’uomo la possibilità di agire liberamente per il
bene, compresa l’inevitabile possibilità di compiere errori,
e lo si costringe all’esercizio della sola spiritualità,
intesa come ritiro in se stessi e auto-esclusione dalla vita attiva,
anche quest’ultima con il passare del tempo diventerà
sterile e fonte di superstizione. In breve, una spiritualità
interpretata in questo modo cessa di essere genuinamente islamica,
perché nell’Islam è fondamentale lo scambio continuo,
che si realizza al livello di singolo credente o anche di un’intera
comunità, tra l’arricchimento spirituale derivante
dall’avvicinamento progressivo verso Allah e l’azione che si
realizza nel mondo e nella storia. Il dialogo tra Allah e i credenti
si realizza anche attraverso la storia, come viene sottolineato in
molti versetti del Corano, quando il fedele viene invitato a
Ricordarsi dei giorni di Allah e a meditare sulla storia delle
comunità, che hanno vissuto prima della propria. Il musulmano
è infatti chiamato ad onorare Allah, che è Signore
della Storia, anche attraverso il suo impegno nel mondo, che non è
fonte di orgoglio o di soddisfazione della volontà di potere,
ma consapevolezza del proprio dovere verso il proprio Creatore e,
quindi indirettamente, anche verso se stessi. La mancanza di libertà
politica e la concezione fatalista della storia, che solitamente vi
si accompagna, sono responsabili della nascita e dello sviluppo di
forme di spiritualità che sembrano arrestare lo sviluppo e il
progresso dell’uomo più che agevolarlo. Questo è in
breve ciò che è accaduto ai musulmani negli ultimi
secoli della storia islamica e per questo motivo Asad ha acutamente
osservato che la fede dei musulmani è ancora viva, ma loro
sono come paralizzati.
Certamente la grazia
divina riveste una grandissima e fondamentale importanza
nell’apertura del cuore di uomo verso la fede e con le mie parole
non intendo affermare che la fede in Dio sia frutto solo della
ricerca intellettuale. Sappiamo, infatti, che non tutti coloro che si
sono dedicati allo studio del Corano e della vita del Profeta hanno
raggiunto le medesime conclusioni e hanno deciso di abbracciare la
fede islamica. Ritengo che il passo verso la fede sia un momento
molto delicato, che richiede una grande disposizione da parte
dell’uomo ma anche l’intervento della grazia divina. Ritengo che
sia necessario tenere a mente tutti questi fattori, quando
s’introduce l’Islam ad un pubblico occidentale, che non
necessariamente coincide con un pubblico credente o un pubblico
cristiano. Ritengo, infatti, che sia controproducente un
atteggiamento che mira primariamente alla conversione piuttosto che
all’informazione. Con queste mie parole non intendo sminuire
l’importanza della Dawah, che è un dovere di ogni musulmano,
ma intendo solo sottolineare alcuni atteggiamenti controproducenti
che, invece di avvicinare i non-musulmani verso l’Islam sembrano
piuttosto allontanarli. Quello di cui in Occidente si ha un grande
bisogno in questo momento storico è una corretta informazione
relativamente ai diversi contenuti della rivelazione coranica insieme
ad una spiegazione esauriente della figura e della missione del
Profeta Muhammad. Infatti, è necessario prima di tutto
produrre dei testi, che spieghino la cultura e la religione islamica
mettendo in risalto i suoi valori universali, insieme alla conduzione
di seminari e lezioni sul medesimo argomento. E’ molto importante
cercare di entrare in un contatto e dialogo produttivo e sereno con
le università e i centri di ricerca e studio. Dobbiamo essere
consapevoli che la conoscenza dell’Islam, anche se non conduce
necessariamente alla fede, porterà comunque i non-credenti
all’apprezzamento e questo sarà un grande servizio reso
all’Islam e alla comunità musulmana, che molto spesso si
trova a dover affrontare delle grandi difficoltà dovute
proprio alla campagna di disinformazione relativamente all’Islam.
Quello di cui abbiamo bisogno oggi è la creazione di centri di
studio, capaci di condurre un dialogo sereno con le istituzioni
politiche e culturali europee e che non funzionino come centri Il
pericolo maggiore, che minaccia il futuro dei musulmani in Europa e
in Occidente, è l’atteggiamento vittimista, nostalgico e
rivolto al passato, che invece di ispirare all’azione concreta e
diretta al miglioramento delle condizioni di vita della ummah
e alla costruzione di un futuro prospero in Occidente di fatto sembra
arrestare il suo sviluppo ed infondere nelle giovani generazioni un
senso di sfiducia e di quietismo. Lo studio della storia dell’Islam
e delle sfide che la comunità musulmana ha dovuto affrontare
nel corso dei secoli devono essere una fonte d’ispirazione per le
nuove generazioni, che sono chiamate a guardare al futuro con
speranza, con determinazione e con la volontà di crescere e di
svilupparsi. Se, invece, si trasformano in una fonte di frustrazione
per quanto è stato ormai perduto, non saranno di aiuto alcuno
nella presente situazione della comunità che ha il dovere di
infondere nelle giovani generazioni un senso di speranza e di
orgoglio per la propria storia e civiltà. Oggi purtroppo da
parte di molti musulmani l’orgoglio viene scambiato con
l’arroganza, che non apre al confronto ma chiude sempre di più
la comunità in se stessa aumentando sfortunatamente il senso
di frustrazione.
Nell’Islam la mancanza
di una netta separazione tra quanto nella tradizione religiosa
cristiana è noto rispettivamente come il sacro e il profano, è
un punto di grande forza in quanto è un fattore di crescita
ricco di potenzialità per lo sviluppo del singolo e
dell’intera umanità. Negli insegnamenti dell’Islam il
singolo e la comunità, la vita spirituale e quella materiale
sono profondamente interconnessi ed interdipendenti in quanto il
benessere del singolo e quello della società dipendono da
entrambi. Una società, che non si fonda sulla giustizia per
tutti i suoi membri ma solo sui privilegi di pochi, non può
essere definita né sana né tanto meno islamica. Allo
stesso modo, individui, privati dei principali mezzi di sostentamento
o dell’educazione, non possono costituire una società
islamica, in quanto mancano dello sviluppo e della conoscenza
necessaria per raggiungere quella maturità spirituale che
l’Islam richiede ai credenti.
S. Lei
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